Lavoratori 4.0: più autonomi e collaborativi secondo Federmeccanica

by redazione 0

Con l’industria 4.0 si sta assistendo a una rivoluzione culturale all’interno delle aziende. Più competenze, più partecipazione e più welfare stanno trasformando anche le relazioni tra dipendenti, imprenditori e rappresentanti sindacali. Questi i contenuti dell’indagine presentata ieri, presso la Sala Capranichetta, a Roma. La terza rilevazione del Mol – Monitor sul lavoro è un percorso di analisi volto a narrare i mutamenti negli orientamenti dei lavoratori e nelle culture del lavoro realizzato da Community Media Research per Federmeccanica.

Temi Indagati. L’analisi ha coinvolto un campione di 1.000 lavoratori dipendenti, rappresentativi per genere, età, area di residenza e titolo di studio a livello nazionale, realizzando un approfondimento sugli occupati nell’industria metalmeccanica; e di 100 imprenditori fra i componenti gli organismi di Federmeccanica.
La ricerca ha scelto di focalizzare la propria attenzione – oltre che su aspetti relativi al clima aziendale e al welfare – su argomenti attuali: i mutamenti in atto dei diversi profili professionali e i cambiamenti culturali nella valutazione dei valori legati alla sfera lavorativa.

Lavoratori intraprendenti. Dalla ricerca emerge una presenza cospicua di profili altamente qualificati. La prevalenza è costituita non solo dai cosiddetti “lavoratori della conoscenza”, ma anche da chi opera in “team”, in gruppi di lavoro, dove sviluppano competenze diversificate. Dove la dimensione manuale si confonde e s’interseca con quella intellettuale e viceversa. Lavoratori che, in virtù del modo di operare e delle strumentazioni che utilizzano sono portati a prendere decisioni autonome, a intervenire risolvendo problemi. Ecco allora che abbiamo a che fare con “lavoratori imprenditivi”, lavoratori che sviluppano caratteristiche più espressamente del lavoro autonomo, grazie anche alle nuove tecnologie introdotte dalla quarta rivoluzione industriale.

Decisioni collettive. I lavoratori inoltre “partecipano” alle decisioni attraverso riunioni periodiche con il management, gruppi di lavoro volti a definire gli obiettivi aziendali e così via. In una struttura reticolare com’è il sistema produttivo nazionale, il coinvolgimento dei collaboratori alle scelte delle imprese appare già una prassi consolidata e diffusa.
In generale, nelle imprese metalmeccaniche, i lavoratori vengono consultati periodicamente nelle scelte più importanti e nel definire gli obiettivi aziendali (40,1%), in misura più rilevante rispetto alla media dei loro colleghi degli altri settori (30,8%). S’intuisce trattarsi di procedure consolidate definibili mediante riunioni, gruppi di lavoro e così via. Un peso analogo s’invera in un’altra modalità, più soft, come quella del discutere coi lavoratori sui problemi e le soluzioni produttive, ascoltando le possibili soluzioni o innovazioni, mettendole poi in pratica. Ciò avviene nel 38,0% dei casi (38,2% in Italia). Dunque, si potrebbe asserire che in quasi quattro quinti delle imprese metalmeccaniche italiane (78,1%) e i due terzi (69,0%) della media nazionale già oggi esistono forme di collaborazione più o meno strutturate.

“La ricerca realizzata da Federmeccanica – ha sottolineato il ministro Giuliano Poletti – offre un importante contributo di conoscenza sui cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, su come vengono percepiti e sull’evoluzione che determinano nei comportamenti e nelle attitudini dei lavoratori. I risultati dello studio testimoniano come, anche nell’industria, si stia affermando un lavoro caratterizzato da crescenti contenuti di competenza, creatività, responsabilità. È un’indicazione importante, in quanto l’evoluzione dei processi produttivi e le nuove forme di organizzazione del lavoro legati alla crescente diffusione dell’automazione e delle tecnologie digitali, pongono l’esigenza di una disponibilità dei lavoratori al coinvolgimento nel processo produttivo, a una maggiore partecipazione alla vita dell’impresa, indispensabile in vista dell’obiettivo di migliorarne la competitività”.

Come cambiano le professioni. Le innovazioni tecnologiche hanno pervaso il modo di produrre e di realizzare i servizi alterando anche l’organizzare del lavoro. La prevalenza è composta da chi svolge mansioni dove può prendere decisioni autonome (54,5%), l’impegno è soprattutto mentale (65,4%) e opera in team o comunque in relazione con altri colleghi (53,9%), utilizzando livelli di strumentazione tecnologica elevata (65,8%). Fra i lavoratori della metalmeccanica l’esito complessivo è leggermente inferiore, ma s’innesta nel medesimo solco. Poco più della metà svolge mansioni non esecutive (51,3%) che lo impegnano mentalmente (53,3%) più che fisicamente. Poco meno della metà opera in team con altri (48,2%). Soprattutto, i quattro quinti (81,4%) è alle prese con strumentazioni a elevato contenuto tecnologico, assai di più rispetto alla media nazionale.

La divisione dei compiti. Incrociando gli esiti dei diversi profili, è stato possibile distinguere cinque ceti professionali :
– Operativo (8,7%): rappresenta il lavoratore che svolge un’opera prevalentemente esecutiva, con attrezzature tradizionali o scarsamente tecnologiche, non ha autonomia decisionale, né deve relazionarsi con altri colleghi.
– Manuale upgrade (15,0%): è costituito da quanti pur svolgendo un lavoro esecutivo e manuale, dispongono di strumentazioni tecnologiche complesse e/o devono prendere decisioni in autonomia, devono essere dotati di spirito imprenditivo.
– Operatore esperto (23,9%): rispetto ai precedenti gruppi, somma oltre alle capacità decisionali autonome e l’utilizzo di strumentazioni innovative, l’opportunità di lavorare all’interno di un gruppo o di relazionarsi con altri colleghi, sviluppando così ulteriori capacità professionali.
– Mentedopera (32,9%): costituisce il ceto più numeroso e rappresenta il punto dove la dimensione intellettuale, che è prevalente, si unisce alle abilità manuali.
– Skill 4.0 (19,6%): si tratta della professionalità con le competenze più elevate, poiché somma autonomia decisionale, impegno cognitivo, utilizzo di tecnologie avanzate e lavoro in team.

Che valore diamo al lavoro? Il valore assegnato al lavoro è un altro aspetto rilevante considerato nella ricerca. Gli intervistati associano al lavoro soprattutto le dimensioni dell’autonomia (70,7%; 67,1% in Italia), della realizzazione personale (66,0%; 72,3% in Italia) e l’idea che sia un percorso di crescita (64,0%; 68,2% in Italia). Minoritari, anche se non marginali, vengono gli aspetti che rinviano a percezioni negative: l’idea del lavoro come subordinazione (20,7%; 28,0% in Italia), immobilità (18,0%; 20,9% in Italia), rigidità (16,0%; 25,5% in Italia), peso e condanna (15,1%; 19,3% in Italia). È stato inoltre chiesto ai lavoratori di esprimere il loro grado di accordo su alcune affermazioni di carattere generale. In primo luogo, i due terzi fra i metalmeccanici e i lavoratori nel complesso ritengono che oggi, più che garantire un posto di lavoro, si debba investire sulle opportunità di crescita professionale e culturale (67,7%; 69,3% in Italia). In questo senso, i lavoratori sostengono uno spostamento del baricentro dall’occupazione all’occupabilità, dal lavoro inteso come “posto”, alle “opportunità” e allo sviluppo delle proprie “capacità”. E non è un caso se a sostenere con più forza quest’impostazione siano le generazioni più giovani (70,7%, fino a 34 anni), i laureati (79,0%), chi ha una mansione dirigenziale (70,2%) e ha un profilo professionale “skill 4.0” (74,9%). Ovvero chi più di altri interpreta il lavoro come un percorso di crescita personale e professionale. Non deve però sorprendere che il 58,0% (62,8% in Italia) veda nel lavoro nel settore pubblico come la migliore delle garanzie e che una parte cospicua (45,8%; 50,6% in Italia) ricerchi un posto sicuro a scapito delle soddisfazioni personali sul lavoro: si tratta di orientamenti sottolineati in misura maggiore da quanti hanno un basso titolo di studio, svolgono mansioni manuali e si approssimano a un profilo professionale più squisitamente “operativo”. In altri termini, si tratta di lavoratori che per le loro caratteristiche e mansioni si trovano nelle aree più deboli del mercato del lavoro e, quindi, più a rischio.

Il “rinnovamento” contrattuale. Il livello di accordo su alcuni dei nuovi principi cardine del “Rinnovamento” contrattuale registra alcune dinamiche interessanti. La proposta di valutare ex-post la sostenibilità degli eventuali aumenti, in relazione ai risultati economici dell’azienda, viene accolta con un maggiore interesse dai lavoratori rispetto a qualche mese fa. Fra i lavoratori metalmeccanici il 74,6% ritiene che il contratto debba garantire un salario minimo per tutti, ma poi gli aumenti debbano essere decisi nelle singole aziende (79,7% in Italia); il 64,7% vorrebbe che il salario avesse una quota agganciata alla produttività aziendale (66,4% in Italia); il 69,4% ritiene corretto che il salario minimo sia adeguato all’inflazione ogni anno sulla scorta dell’inflazione dell’anno precedente (73,4% in Italia). Persiste, tuttavia, un problema di reale conoscenza e consapevolezza da parte dei lavoratori sul valore delle soluzioni introdotte in materia di welfare, che va superato.

Un clima lavorativo migliorato. I lavoratori metalmeccanici ritengono siano maggiormente migliorati negli ultimi anni le condizioni ambientali e di sicurezza (32,3%), i rapporti coi colleghi (30,5%) e quello coi superiori (27,6%).
Per contro i fattori peggiorati risultano essere confermati il carico di lavoro (30,1%) e, soprattutto, lo stress mentale (34,1%). La dimensione dell’organizzazione del lavoro, quindi, rimane l’aspetto più critico sul quale intervenire. L’indicatore di sintesi delle condizioni di lavoro (Barometro del lavoro) dimostra che per il 33,3% degli occupati nell’industria metalmeccanica le condizioni di lavoro sono migliorate negli ultimi anni, il 43,7% non ha rilevato significativi scostamenti e il 23,0% ha notato dei peggioramenti.
Considerando il Clima aziendale percepito si può osservare come gli aspetti di maggiore soddisfazione sul lavoro sono: la percezione che il titolare sia attento alle problematiche dei lavoratori; il sentirsi a “casa” all’interno dell’impresa; l’avere buoni amici al lavoro. A offrire una minore soddisfazione sono la percezione di essere pagato adeguatamente per il lavoro svolto, la certezza di non perdere il proprio posto di lavoro.

L’indagine del Monitor sul Lavoro – Lavoratori imprenditivi 4.0 è disponibile nella versione integrale sul sito di Federmeccanica.