Competence Center, il decreto di attuazione è (finalmente) realtà

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A conclusione di un lungo scambio tra ministeri, Consiglio di Stato e Corte dei conti, il decreto di attuazione dei Competence Center del Piano Industria 4.0 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 6 del 9 gennaio. Ma nonostante i ritardi nella presentazione del testo, l’iter non sembra ancora concluso. Il prossimo passo sarà l’avvio di  due differenti bandi e selezioni: uno rivolto alle università per individuare le imprese partner, l’altro sarà un bando di gara promosso dal MiSE al fine di selezionare i poli «pubblico-privato».

Competence Center: cosa sono e cosa fanno

Nel testo si legge che i centri di competenza ad alta specializzazione dovranno necessariamente essere costituiti con un contratto che, oltre ai partner, dovrà specificare:
a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale dei componenti nonché la sede;

b) le attività e gli obiettivi strategici;

c) l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun soggetto o organismo partecipante;

d) i termini del contratto;

e) la previsione di un organo comune incaricato dell’esecuzione delle disposizioni negoziali, i suoi poteri, anche di rappresentanza, e le modalità di partecipazione di ogni soggetto all’attività dell’organo;

f) gli organi specifici di amministrazione e di controllo, nonché le modalità di nomina e funzionamento degli stessi;

g) il divieto di ripartizione degli utili.

Sono tre i compiti principali: orientamento alle imprese, in particolare PMI; formazione alle imprese, al fine di promuovere e diffondere le competenze in ambito Industria 4.0; attuazione dei progetti di innovazione e ricerca proposti dalle imprese e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico in ambito Industria 4.0.

Risorse statali pari a 40 milioni di euro

Ai competence center selezionati saranno assegnati fondi pubblici – secondo l’articolo 27 del regolamento GBER – per un massimo di 7,5 milioni nella forma di contributi diretti alla spesa ed in misura non superiore al 65% delle risorse disponibili.

Altri 200.000 euro verranno erogati per ciascun progetto, nella forma di contributi diretti alla spesa ed in misura non inferiore al 35% delle risorse disponibili.

La dote più corposa (40 milioni rispetto ai 30 preventivati) potrebbe consentire il decollo di 6-8 competence center in tutta Italia.

Pubblico e privato: quali le differenze?

Il decreto fissa poi una serie di requisiti per i partner pubblici e privati. In particolare atenei ed enti di ricerca dovranno dimostrare di aver ottenuto elevate performance scientifiche nelle valutazioni effettuate dall’Anvur. Le università dovranno poi impiegare personale e risorse (almeno per il 70%) che fanno parte dei migliori dipartimenti universitari italiani individuati da un indicatore ad hoc (Ispd). Infine il decreto identifica anche le caratteristiche dei progetti di ricerca applicata presentati dalle imprese che potranno accedere ai benefici finanziari. Progetti che – secondo il bando che sarà presentato nei prossimi giorni – dovranno dimostrare un livello di maturità tecnologica medio alto (da 5 a 8) secondo la scala «Trl» (Technology Readiness Level) utilizzata anche per i progetti che partecipano ai bandi Ue Horizon 2020.