M&A marzo 2019

by redazione 0

L’EDITORIALE

Aquile non polli

di Paolo Beducci

Se il 2017 e gran parte del 2018 sono stati spesi e vissuti all’insegna dell’ottimismo e della crescita, i dati che segnano la chiusura dell’anno non sono altrettanto positivi quanto si vorrebbe leggere. Purtroppo.

Nulla di allarmante, per ora. In ogni caso prudenza impone che si proceda con attenzione cercando di analizzare tutti gli aspetti che possono in qualche modo essere importanti a decodificare una situazione che è in pieno divenire.

Il dato che più ci interessa in questo frangente, riguarda la vendita di macchine utensili in giro per l’Europa che è (bene tenerlo a mente) il nostro mercato domestico. L’Italia nel quarto trimestre ha registrato un calo degli ordini del 6,3% rispetto al medesimo periodo del 2017. Nulla di preoccupante anche in considerazione del fatto che il 2017 è stato l’anno migliore che si possa ricordare a memoria d’uomo. A questo dato però se ne affiancano altri che potrebbero essere altrettanto sporadici o invece (e speriamo di no) premonitori di una situazione destinata a complicarsi. Ci riferiamo alla Germania che con un calo del 12% nell’ultimo trimestre del 2018 rispetto all’omologo periodo del ’17  ha emesso qualche piccolo segnale di allarme.

Per carità, dopo tanto splendore e tanta crescita un po’ di ripensamento ci sta, senza rimpianti né ansie. Quello che invece ci preoccupa e che a nostro avviso è il vero tema del momento non è la flessione di un trimestre, ma la prospettiva che questo ci mostra e la capacità di offrire agli imprenditori un quadro chiaro all’interno del quale agire. Il mese scorso parlavamo di coperta corta, della necessità di far delle scelte che andassero in una direzione precisa e incontrovertibile. Spesso per le imprese valgono le medesime regole che funzionano per gli uomini: se c’è prospettiva, se c’è speranza, se si immagina che domani possa essere meglio di oggi la voglia di fare, di rischiare e di investire rimane. Se il futuro è un grande punto interrogativo, un coacervo di sensazioni contrastanti e di mancate scelte, le cose si complicano. Torniamo, per esemplificare, a un argomento che ci sta a cuore: la legge su “Industria 4.0”. Si calcola che ad averne fatto uso sia una percentuale minoritaria di tutto il parco utilizzatori cui era rivolta. E comunque si è trattato di un successo senza precedenti. Perché indirizzato realmente all’innovazione delle aziende utilizzatrici di beni strumentali e alla loro crescita competitiva a livello globale. Forse sarebbe stato meglio trovare il modo di “istituzionalizzarla” di renderla perpetua. Magari con valori meno affascinanti e dirompenti, ma più certi nel tempo. E sicuramente sarebbe stato meglio evitare mesi di balletti e incertezze in attesa di far partorire il topolino alla montagna. Così da mettere le imprese nelle condizioni di programmare i propri investimenti futuri con serenità. Provo a mettermi nei panni di chi decide di investire sul futuro della propria azienda: esattamente come un privato cittadino che deve fare una spesa importante, desidera solo avere un minimo di visibilità sul domani.