CCNL, passi avanti sulla formazione

by Redazione 0

Dopo un anno di stop & go, si avvicinano le posizioni di sindacati e associazioni datoriali sul rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori metalmeccanici, con un primo accordo raggiunto ieri a Roma su formazione continua, diritto allo studio e apprendistato. Secondo i sindacati, sarebbero a buon punto anche le trattative su welfare sanitario e previdenziale, ferie e congedi parentali, legge 104.

PROGRAMMA DEI LAVORI. Il segretario della Fim Cisl Bentivogli indica i prossimi temi in discussione: inquadramento, orario, recepimento Testo Unico, relazioni industriali e partecipazione, trasferte, appalti, trasferimenti e reperibilità, diffusione secondo livello e salario. I lavori riprenderanno domani 10 novembre in commissione tecnica, per proseguire il giorno successivo e – eventualmente – anche dal 14 al 16 novembre, quando nel pomeriggio il tavolo passerà alle segreterie nazionali, per verificare lo stato della trattativa e decidere la convocazione in plenaria delle delegazioni trattanti.
“Il diritto soggettivo alla formazione ha buone chance per diventare presto realtà per i metalmeccanici – ha commentato Bentivogli – . Questo è un tema su cui Fim, in particolare, spinge da tempo, consapevole del fatto che l’intero settore dell’industria e le nuove fabbriche intelligenti di Industry 4.0 hanno (e avranno) sempre bisogno anche delle intelligenze delle persone, delle loro competenze e professionalità e del loro impegno cognitivo”.

SUL SALARIO ANCORA MURO. L’accordo sul nuovo contratto non sembra però scevro da insidie: il principale nodo da sciogliere è quello relativo agli aumenti salariali. Federmeccanica propone un adeguamento salariale non più basato sull’inflazione attesa, ma su quella a consuntivo, a partire dal 2017, con un decalage progressivo: il 75% nel 2018 e il 50% nel 2019, a fronte di un aumento del welfare aziendale detassato (100 euro nel 2017; 150 euro nel 2018 e 200 euro nel 2019). Inoltre, premi di risultato solo variabili per collegare gli incrementi salariali ai miglioramenti aziendali e assorbimento nei minimi, a partire dal 2017, delle parti fisse della retribuzione. Proprio il “decalage” dell’adeguamento salariale viene respinto dai sindacati che intavvedono in questo strumento un modo per programmare la riduzione dei salari reali.