Meccanica & automazione n.7 ottobre/novembre

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La verità nel mezzo

di Chiara Tagliaferri

Vi propongo un esperimento. Fate un sondaggio per capire quale sia la consapevolezza relativa all’uso delle tecnologie più conosciute di questa ultima rivoluzione industriale. La domanda sembra semplice: che sentimento suscita in voi l’utilizzo dell’intelligenza artificiale o della realtà estesa o della robotica? Provate a porre la stessa domanda in una classe di scuola, in ufficio o durante una cena tra amici. Non dovreste stupirvi se la separazione di vedute sarà profonda ed evidente. Sono argomenti molto discussi e divisivi.

Ho recentemente partecipato a un incontro informativo sull’intelligenza artificiale per le scuole di alcune province lombarde. Prima degli interventi è stato condotto un sondaggio per capire quale sentimento suscitasse questa tecnologia. Ci si potrebbe aspettare approvazione, eccitazione, curiosità o energia, invece, il 67% degli intervistati ha espresso paura, timore, diffidenza e persino ostilità! Da adulti, ci si aspetterebbe una risposta di  positiva predisposizione ad utilizzare, comprendere e fare propria questa tecnologia. E invece, non è così. Non si tratta di una reazione opposta, ma di un significativo sconcerto. Siete sicuri che un test simile nei vostri reparti o uffici, oggi, genererebbe risultati diversi?

Personalmente credo che la differenza la farebbe il grado di conoscenza, competenza e  approfondimento individuale almeno quanto la condivisione dello scopo dell’introduzione della tecnologia e del suo utilizzo. La paura, la diffidenza nascono dall’ignoraranza, da ciò che non si conosce, dalle ombre che si intravedono  nel buio di una caverna. Platone diceva che, conoscere le sole ombre, ovvero le opinioni, ci rende prigionieri. Acquisire la conoscenza vera vuol dire uscire dalla prigione dell’ignoranza, per conoscere e comprendere la realtà e governarla. Il timore e l’ostilità potrebbero essere anche colpa di una comunicazione che punta troppo spesso più sul sensazionalismo che alla verità oggettivita o forse è veramente tutto troppo rapido, ed è il solito timore del progresso a far tremare le giovani generazioni. Ad ogni modo ritengo che la comunicazione tecnico scientifica abbia un ruolo cruciale nell’indirizzare le percezioni del pubblico riguardo le tecnologie emergenti. Errori comunicativi allontanano le persone da certe tecnologie almeno quanto le ingannano rispetto il loro utilizzo. Occorre bilanciare attentamente la propria narrazione, non minimizzare ma neanche spaventare. Dare chiarezza di messaggi e certezza scientifica delle fonti. Sarebbe bello riuscire a parlare delle tecnologie facendosi guidare dall’ideale aristotelico dell’equilibrio che evita gli estremi. “La virtù sta nel mezzo” ovvero nel giusto bilanciamento degli estremi. L’accettazione delle nuove tecnologie dalle maggioranze non può essere tutta una questione di razionalità e valuzioni oggettive ma magari sarebbe bene indagare il “sentimento” solo dopo aver fornito notizie chiare, utili, trasparenti e verificate.

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