Smart Safety, coniugare la sicurezza sul lavoro con I4.0

by redazione 0

Pubblichiamo di seguito un interessante intervento di Daniele Verdesca tratto dal suo blog

A ricordarci che in questo secolo sarà la realtà a superare la fantasia è il laboratorio Smart Production Lab della Volkswagen a Wolfsburg, dove per la prima volta è stata sperimentata nella catena di montaggio Industry 4.0 la cooperazione attiva tra un robot e un lavoratore umano.

Sino ad oggi, infatti, robot e umani hanno lavorato separatamente nel processo di montaggio, entro spazi di sicurezza ben precisi, non travalicabili né dall’uno (la macchina) né dall’altro (l’uomo).

Nello Smart Lab tedesco, invece, i due (l’uomo e il robot) hanno lavorato fianco a fianco, in una dinamica di montaggio in cui le mani metalliche supportavano il lavoro di quelle di biologiche (e viceversa). E se inavvertitamente il lavoratore-umano entrava nel raggio d’azione del lavoratore-robot quest’ultimo rallentava, sino a fermarsi, per proteggere la vita umana (Prima Legge di Asimov?).

Qual è allora il nuovo modo d’integrare la sicurezza lavoro nei processi Industry 4.0? I DVR così come li conosciamo, saranno davvero ancora funzionali alla riduzione dei rischi?  Cosa vuol dire essere umani oggi, nell’era della tecnologia?  E cosa vuol dire essere lavoratori in un processo di ciclo industriale in cui i robot stanno sempre di più ridimensionando ruolo e funzioni delle storiche Tute Blu?

Credo sia fondamentale, in primis, dare risposta a queste domande per poter poi effettivamente trovare la strada più efficace e corretta per garantire la sicurezza sul lavoro dei nuovi Metalmeccanici, sempre più stretti tra i turni di 24 ore continui delle macchine (che non si fermano mai) e la necessità di intervenire su problemi complessi, in caso di difficoltà, non avendo alcuna cognizione, se non superficiale, di quello che effettivamente accade nella testa dei robot e dei macchinari intelligenti di cui è circondato.

Partendo dal fatto che se vogliamo che i lavoratori siano più intelligenti dei robot con cui interagiscono o degli smartphone che utilizzano, sarà necessario un ingente investimento formativo per la valorizzazione del capitale umano e delle sue competenze.

Ed essendo consapevoli che probabilmente il modo migliore per essere umani nell’era delle tecnologie è fare quello in cui – almeno per adesso – siamo imbattibili: porre domande. I computer, infatti, possono fornire risposte, ipotizzare scenari, ma non ancora precognizzare dubbi!

La conseguenza dei due presupposti prima accennati (capitale umano + domande) è quella, fondamentalmente, di inventarci il futuro per poterlo meglio governare.

E cosa vuol dire per noi Artigiani del Digitale nel mondo del Lavoro inventare il futuro per la sicurezza dei lavoratori? Come dobbiamo operare per prevenire rischi e proteggere le generazioni future delle Tute Bianche/Blu?

Ad oggi, non vi è una risposta univoca. Ma molti segnali indicano che più che operare con il baricentro spostato sul lavoratore e sulla sua percezione del rischio, potrebbe essere necessario invertire il paradigma e concentrarsi sulla progettazione delle macchine e sulla loro modalità di gestire l’interfacciamento (o l’interferenza) con l’essere umano.

Il rischio non va abbattuto in fase esecutiva ma ridotto (se non annullato) in fase progettuale, puntando sulla sempre più avanzata intelligenza artificiale (o deep learning) di cui saranno dotate le macchine-robot.

E in questa fase non si progettano le catene di montaggio partendo dal fattore umano, ma dai robot e dalla modularità/scalabilità della piattaforma; dall’Internet delle Cose (IOT: Internet of Things) che, pur non avendo un linguaggio universale condiviso, già inizia a condividere informazioni sul Cloud e interagire in modo sequenziale a quanto indicato dal sensore della macchina accanto, compresa la presenza o la necessità dell’intervento del componente umano.

Progettazione ex ante dell’interfaccia uomo-macchina ancora più necessaria per ridurre i rischi se partiamo non dalle piattaforme industriali realizzate ex-novo, ma dal progressivo collocamento della logica Industry 4.0 nelle PMI, che non abbandoneranno sicuramente tutto quanto costruito nel tempo, ma ne adatteranno sicuramente l’evoluzione ai nuovi standard industriali.

Il lavoratore umano, quindi, dovrà progressivamente collocarsi in un contesto di montaggio e produzione che, sempre più incessantemente, modificherà nel tempo il suo modo di operare: sarà perciò più sicuro progettare la macchina a tener conto dell’uomo che non l’inverso.

Potrà essere più sicuro un robot concepito per proteggere la vita umana (di nuovo il principio di Asimov …) che un essere umano che tenti razionalmente di salvare la propria a fronte del mare magnum di tecnologia che rischia di soffocarlo.

La domanda sorge quindi spontanea: ma come si fa a essere costruttori del futuro oggi?

Come può un Artigiano del Digitale inserirsi in un percorso di progettazione delle macchine ancor prima che queste vengano installate, soprattutto in una PMI nazionale, e far valere il suo punto di vista sulla sicurezza e il benessere del lavoratore?

Una risposta possibile (tra le tante) potrebbe essere quella di utilizzare due strumenti metodologici/gestionali oggi esistenti e porre domande! Facendo distinzione tra quello che è effettivamente importante e quello che può essere interessante.

Faccio riferimento ai Tools per la gestione della sicurezza (e il suo miglioramento) che la World Class Manifacturing (WCM) pone per ogni step da affrontare (da 1 a 7) per arrivare al pieno coinvolgimento del team dei lavoratori (fase proattiva); a cui aggiungere il TR 11542 dell’UNI (IT) in cui viene meglio chiarito l’uso degli strumenti utilizzabili per realizzare il Pillar della Safety (pilastro della sicurezza, nella terminologia della WCM).

Con un approccio WCM proattivo (TR11542), non sarà più necessario redigere un DVR nello stile italiano (ossia di mera conformità formale agli obblighi normativi), ma la stessa progettazione delle macchine/robot/ciclo, che abbia al suo interno la protezione stessa dell’essere umano/lavoratore, diventa il pilastro fondamentale dell’efficienza stessa del processo produttivo.

Si tratta di cambiare il paradigma classico della sicurezza sul lavoro: dalla protezione dalla macchina … alla macchina che protegge!

Prima: Lavoratore > rischio macchine > protezione

Dopo: macchina > protezione > lavoratore

Costa molto più intervenire nel ciclo produttivo per proteggere successivamente il lavoratore dal robot che progettare sin dall’inizio il robot così che esso stesso protegga il lavoratore.

di Daniele Verdesca
Tratto dal sito danieleverdescablog.wordpress.com