N°7 Settembre 2015

by Redazione 0

E se rottamassimo?
L’arrivo a Milano della EMO fra circa un mese (dal 5 al 10 ottobre) è una coincidenza per certi versi non casuale. Nel senso che se è vero che EMO è un momento di incontro che si ripete a Milano periodicamente, è altrettanto vero che probabilmente non poteva capitare in un contesto più significativo sotto l’aspetto simbolico. E non solo. Da una parte, a pochi metri dalla EMO una Esposizione internazionale che, arrivata al suo avvio fra mille polemiche e timori, si sta dimostrando un evento di successo, con una regia organizzativa pressoché perfetta e che pone il nostro Paese al centro di un evento di risonanza mondiale. Dall’altra appunto, le macchine utensili. Che in questa fase rappresentano per l’industria italiana molto più di quanto si possa immaginare. Perché se è vero che il mercato nazionale è ancora su livelli inferiori rispetto ai dati pre-2008, è anche reale il fatto che l’industria meccanica italiana sia e rappresenti tutt’oggi uno dei momenti di massima attrazione e di maggiore importanza guardando verso il futuro.
Mai come in questo momento, il futuro del Paese è legato all’industria manifatturiera e di conseguenza a una delle eccellenze che riesce a esprimere: l’industria meccanica e di conseguenza il mondo della macchina utensile.
Il risveglio del mercato interno della macchina utensile infatti, ha un significato molto più profondo di quanto si possa immaginare e leggere guardando i semplici numeri di vendite e fatturato. Dopo anni di ristrutturazioni, di difficoltà e di riorganizzazione, la meccanica italiana sta tornando a mostrare le proprie eccellenze. E con queste non intendiamo solo le stranote e citate realtà, come quella che con un po’ di sapore californiano è stata rinominata motor valley, ma che noi preferiamo continuare a chiamare terra di passione e motori. Perché di motor valley e medical valley, e valley di ogni genere, in Italia ce ne sono ancora molte.
Meccanica infatti (e per fortuna) non significa solo automotive. Meccanica significa industria della plastica, industria medicale, degli stampi, del packaging, e tanto altro ancora. Non esiste prodotto di uso quotidiano che non preveda nella sua realizzazione almeno un passaggio in cui la macchina utensile sia fondamentale. Ergo, se riparte la macchina utensile, significa che l’industria sta ritrovando la retta via. Perché dopo anni di ubriachezza finanziaria, finita come tutti sanno, si è finalmente capito che senza una industria efficiente e competitiva una nazione non ha futuro. È accaduto negli Stati Uniti, dove l’opera di rehoring è ormai cosa assodata, ma anche in Italia e in molti altri paesi da cui le produzioni erano state delocalizzate. Fuori dai porti doganali sono destinate a rimanere le produzioni meno impegnative meno qualificate. Quelle in cui il valore aggiunto della conoscenza è molto più importante di quello del costo dell’energia o di un po’ di dumping sociale. E anche per le altre comunque, la conoscenza è in grado di rimettere molto spesso le cose in equilibrio. Tutto questo accade nonostante una crescita degli investimenti solo discreta a fronte di un parco produttivo molto invecchiato e fra i più vecchi in assoluto nel mondo occidentale. Ci domandiamo a questo punto cosa potrebbe accadere se si trovasse la strada per aiutare una rottamazione degli strumenti produttivi obsoleti, al di là della possibilità di ridurre i tempi di ammortamento degli investimenti, o le agevolazioni derivanti da un rifinanziamento della Sabatini. Cose comunque indispensabili a sostenere l’impresa. È venuto il momento di tornare a credere nel manifatturiero e a crederci deve essere tutto il Paese. Paolo Beducci