N°03 Aprile 2014

by Redazione 0

EDITORIALE

I figli? Non sono ‘piezz’e core’ (in azienda)

Non c’è solo la crisi da superare a tenere spesso con il fiato sospeso le PMI di tutto il mondo e italiane in particolare. D’altra parte se si guardano le statistiche i dati sono più pesanti di quelli inerenti la crisi economica. Ci riferiamo alla falcidia di imprese nella fase che accompagna il passaggio generazionale. I dati sono allarmanti. E non è un modo di dire. Se si prende in un periodo di 5 anni la quantità di aziende che riesce a passare indenne dalle forche caudine della successione è eccessivamente bassa. Sia rispetto alla media europea sia se si analizzano i numeri senza raffronti con ciò che accade accanto a noi. Se poi il dato si estende ai passaggi generazionali seguenti il consuntivo diviene drammatico. I problemi non stanno, come sempre da una sola parte. In primo luogo la forza emotiva e carismatica di chi avvia una propria intrapresa, difficilmente riesce a dare il corretto spazio a chi segue in ordine anagrafico. C’è poi altrettanto sovente, una differenza profonda sotto l’aspetto culturale e della formazione. I figli sono di solito più istruiti dei padri, ma non hanno quella esperienza sul campo che ha permesso ai padri di crescere con l’azienda di famiglia. Crisi o non crisi quindi, il momento topico per una impresa in cui ci sia un padrone impegnato nella gestione quotidiana, sta proprio nel passaggio del testimone.

Sono queste le fasi in cui si deve essere capaci di guardare un passo oltre, cercando di gestire questo momento con grande senso dell’equilibrio. Gli esempi non mancano di sicuro, soprattutto nel mondo della meccanica. Anzi ci sono state seconde generazioni capaci di fare la fortuna di piccole realtà, facendole crescere in modo esponenziale per poi consegnarle ai figli nel modo più naturale e indolore possibile.

Perché in ballo, sia ben chiaro, non c’è solo il patrimonio personale, ma anche la funzione sociale che una impresa ha nel territorio. Posti di lavoro, che significano benessere e tranquillità per decine o centina di famiglie.

Capire e decidere per tempo. Questo è il segreto. Meglio un’azienda venduta bene e per tempo, piuttosto che una realtà ceduta in cambio della salvezza dai debiti. Sotto questo profilo è proprio qui la sfida più grande dell’imprenditore che si è fatto da sé: saper giudicare senza sconti e indulgenze le persone destinate a proseguirne la strada. Non è facile resistere alla tentazione dinastica, ma non sempre conviene. Paolo Beducci