n°1 febbraio 2016

by Redazione 0

Adesso pensiamo a innovare

Un tempo si diceva che la macchina utensile vivesse dei cicli di sette anni. Cioè che ogni sette anni si presentasse una crisi, più o meno forte, destinata a rimettere un po’ di ordine sul mercato dei costruttori e anche degli utilizzatori. Poi alla fine del primo decennio di questo secolo, siamo entrati in una crisi molto più forte delle precedenti e soprattutto molto più diffusa. Una crisi oltre tutto, neppure legata nelle sue origini al mondo della meccanica in qualsiasi sua forma. La crisi, che si era manifestata improvvisa e violenta più di quanto si potesse immaginare, non si risolse in un periodo relativamente contenuto nel tempo. Ogni semestre era quello buono, per indicare che la luce in fondo al tunnel sembrava avvicinarsi. La luce rimaneva sempre là e per l’industria meccanica italiana i problemi iniziavano a sommarsi.
Il risultato è stato che i sette anni che scandivano il ciclo fra una crisi e l’altra, si trasformarono in un unico lungo calvario. Con molte vittime, soprattutto fra le imprese meno pronte a guardare più lontano da casa o dotate di un situazione finanziaria meno forte del necessario.
Risultato: mercato spaccato in due. Da una parte chi esportava e aveva imparato a diversificare il rischio, dall’altra chi non si era preparato per tempo. Questo indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda. Il contrappasso per chi vendeva macchine utensili in Italia fu decisamente pesante. I produttori nazionali si spostarono ancora di più verso l’export (con tutta la fatica e rischi che questa scelta comporta) gli importatori e le filiali delle case estere si trovarono con un mercato ridotto al lumicino.
Poi con la forza e la calma di un cesellatore, il mercato (quindi le aziende) hanno iniziato a ricostruire il tessuto su cui tornare crescere. Ma nel frattempo molto era cambiato. Una fatica doppia, che alla fine ha portato dove si sperava. Lo dimostrano i dati che hanno chiuso il 2015. Sono stati, per il mondo della meccanica, decisamente incoraggianti. Il mercato italiano ha dato finalmente delle risposte concrete e sostanziose e l’industria nazionale che utilizza machine utensili sembra aver superato (almeno i sopravvissuti) la crisi che ci siamo portati dietro per sette anni.
Ora però c’è un nuovo tema da affrontare: la produttività e le risposte ambientali. Il parco macchine italiano, inizia a mostrare qualche segno di invecchiamento eccessivo e la recentissima presentazione dello studio “Il parco macchine utensili e sistemi di produzione dell’industria italiana” realizzato da UCIMU Sistemi per Produrre, mostra chiari i segni delle ferite lasciate aperte dalla crisi. In primis l’invecchiamento del parco delle macchine utensili in uso in Italia. Negli ultimi 40 anni non è mai stato così vecchio: una media di circa 13 anni e oltre un quarto degli impianti con una età che supera i 20 anni!
È quindi giunto il momento di riprendere la marcia dell’innovazione tecnologica del Paese. Sotto questo profilo qualcosa è stato fatto, ma si può e si deve fare molto di più. Il super ammortamento sicuramente è cosa utile, ma serve una azione più legata all’innovazione tecnologica nei sistemi di produzione.
Produttività, impatto ambientale, efficienza energetica. Sono questi i temi su cui si deve dare la possibilità di investire in innovazione tecnologica. Si deve incentivare a crescere qualitativamente nella filiera della produzione e non solo in quella degli acquisti. Paolo Beducci