Meccanica, punta di diamante dell’export italiano

by Redazione 0

Quanto vale la meccanica strumentale, quali sono i mercati più interessanti e quali solo le prospettive di esportazione a breve e termine? Qualche risposta si può trovare nel nuovo Rapporto Export 2016-2019 di SACE, giunto alla decima edizione (la versione integrale si può scaricare qui), che esplora uno dei settori di punta dell’export italiano, anche se poco conosciuto dal grande pubblico.

reaction100 MILIARDI NEL 2019. Il commercio internazionale di meccanica strumentale vale a livello mondiale 1.600 miliardi di euro, quanto tutta l’economia del nostro paese. L’Italia partecipa a questo banchetto con 80 miliardi, pari al 5% del totale, che salirà – nelle stime Sace – a 100 miliardi di euro entro il 2019, con un incremento del 16% rispetto ai valori 2015. Si tratta di una crescita medio annua del 4,3%, sostenuta dal ciclo espansivo degli investimenti nelle economie europee, America settentrionale e India, anche se non mancano le ombre, nella fattispecie l’incertezza in alcuni mercati come Russia, Brasile, Nigeria e Angola.
Nella classifica mondiale dei paesi esportatori di meccanica strumentale ci posizioniamo al quinto posto, dopo Cina, Germania, Stati Uniti e Giappone.

MACCHINE UTENSILI. Restringendo l’analisi alle macchine utensili, il nostro paese scala di due posizioni la classifica dei paesi esportatori e si pone al terzo posto, dietro Giappone e Germania, che insieme originano oltre il 40% dei quasi 40 miliardi di export totale. In testa il Giappone con il 20,6% dell’export totale, seguito a poca distanza dalla Germania, con il 19,9%, mentre l’Italia segue a distanza, con il 7,8%, e la Cina si trova poco dietro, con il 6,5%. Alla storica presenza sui mercati extraUE, come Russia e Turchia, la domanda nei mercati asiatici rappresenta un buon potenziale per le vendite di macchine italiane, in particolare la Cina, che nonostante sia un importante produttore ha fame di tecnologie produttive.

sace_meccanica_2VIZI E VIRTÙ. Le imprese della meccanica strumentale vantano un’elevata propensione all’export, in media oltre tre quarti del fatturato, e sono concentrate nel Nord e Centro Italia: Lombardia ed Emilia-Romagna da sole esportano oltre la metà dei macchinari italiani. Soffrono però di nanismo, con un organico medio di 19 addetti: in Germania è il triplo, in Francia il doppio, e anche la media europea è 1,7 volte il dato italiano. Le ridotte dimensioni rendono le nostre aziende flessibili e aperte alla produzione su misura, quasi sartoriale, pur vantando un’alta produttività: con 242 mila euro, il fatturato per addetto è tra i più alti d’Europa. Tuttavia, segnala il rapporto Sace, l’aumento del costo del lavoro (+26% nel periodo 2007-2014) ha annullato i benefici dell’accresciuta produttività (+10% nello stesso periodo) rendendo così le nostre aziende meno competitive a livello internazionale. E così abbiamo perduto l’occasione di guadagnare quote di mercato, soprattutto nei confronti dei competitor tedeschi.

TRE DIRETTRICI: I ricercatori indicano tre strade da percorrere per mantenersi sui binari dello sviluppo ed evitare di perdere ulteriori posizioni: crescere, internazionalizzarsi e innovare. In primo luogo, quindi, la crescita dimensionale, perché sui mercati internazionali la dimensione fa la differenza. Si può diventare più grandi anche sfruttando gli strumenti già disponibili, dalle reti d’impresa all’apertura al mercato dei capitali. Il secondo driver è l’internazionalizzazione spinta, ampliando e diversificando i mercati di destinazione, concentrando risorse e investimenti su quelle che mostrano le migliori prospettive. Infine, e non è una sorpresa, occorre scommettere sull’innovazione, investendo nell’Industria 4.0, dall’ingegnerizzazione alla distribuzione dei prodotti.

sace_meccanicaINDUSTRIA 4.0. La meccanica strumentale è il settore di punta del Made in Italy non solo per i volumi di export (circa il 21% di quello complessivo), ma anche in termini di innovazione, essendo la più vicina alla quarta rivoluzione industriale (dopo meccanica, elettrificazione e informatica) che renderà le fabbriche più smart e digitali. Nella nuova Industria 4.0 si passerà dalla produzione centralizzata e quella decentralizzata, i macchinari comunicheranno tra loro per ottimizzare i processi e migliorare i prodotti, le tecnologie informatiche semplificheranno i flussi tra reparti e funzioni e agevoleranno il lavoro del management, anche nei rapporti con fornitori e distributori.
Circa il 70% degli imprenditori italiani è conscio che il passaggio a Industria 4.0 è fondamentale per crescere e per competere a livello internazionale, eppure molti ancora esitano nell’apportare cambiamenti concreti all’interno della propria azienda. Secondo lo studio Sace, le aree più interessate a questa nuova ondata di innovazione saranno la produzione, la logistica, la gestione del magazzino, le vendite e l’assistenza post-vendita, con miglioramenti attesi sul piano dell’efficienza.
Per avere successo nella meccanica 4.0, conta la qualità del prodotto e del servizio offerto, più che i tempi di produzione i costi contenuti. In questo le nostre aziende potrebbero beneficiare, rispetto alle concorrenti tedesche, per l’alto grado di personalizzazione del prodotto, per l’elevato contenuto tecnologico dei macchinari e per tutte quelle componenti “sartoriali” che distinguono la manifattura italiana anche in altri settori.

QUESTIONE DI BRAND. Quello che però manca alla produzione nazionale è la percezione dei macchinari made in Italy come di pari qualità rispetto a quelli tedeschi o giapponesi. Nel report Sace si raccomanda quindi di puntare su una maggior valorizzazione del marchio italiano, investendo non solo in automazione, innovazione ed efficienza produttiva, ma anche in iniziative di marketing, di comunicazione e distributive adeguate e pervasive.