M&A maggio 2017

by redazione 0

EDITORIALE
Ducentocinquantaquattromila
Paolo Beducci

CALEIDOSCOPIO
Focus sulle novità tecnologiche
a cura della redazione

PANORAMA
Innovare per crescere
Paolo Beducci

La rivoluzione è una luce blu
Marco Torre

DOSSIER ROBOTICA
Un matrimonio felice
Paolo Beducci

Se 195 sembrano troppi…
Paolo Beducci

Il robot lavora con l’uomo senza barriere
Francesco De Donatis

Controllo di precisione di un robot pick and place
Serena Monti

STORIA DI COPERTINA
Dalle smartplastics ai cavi intelligenti
Marco Torre

INTERVISTA
Più additive, più software e più servizi
Paolo Beducci

IN AZIENDA
L’impresa connessa è già realtà
Franco Canna

VIDEOREPORTAGE
Quando l’industria si fa digital
a cura della redazione

IN FABBRICA
Quando la differenza la fa il sistema di fissaggio
a cura della redazione

PRISMA
Notizie dalle aziende
a cura della redazione

 

EDITORIALE

Duecentocinquantaquattromila

Paolo Beducci

No, non siamo in vena di scioglilingua per amanti di numero e statistiche o – visto l’argomento – per meccatronici e seguaci dell’automazione.

254.000 (così è meglio, vero?) è il numero di robot venduti nel mondo nel 2015. Ultimo dato disponibile in attesa che alla prossima edizione di Lamiera – che si svolge a Milano a partire dal 17 maggio – siano svelati i numeri del 2016. Mai erano stati tanti i robot venduti nel mondo in un anno. Questo elemento, a nostro avviso, porta con sé alcune riflessioni che devono essere fatte nel tentativo di capire i macro trend dell’industria in senso lato e di quella meccanica in termini più stretti.

Partiamo dall’industria in senso più ampio. Anche se in modo lento e disordinato si deve dire che quello che per molti anni abbiamo chiamato turismo produttivo o se preferite delocalizzazione più o meno selvaggia, inizia a perdere quota. Da una parte, infatti, ci sono le nazioni in cui i costi sono più elevati che hanno imparato ad automatizzare le proprie capacità produttive, quindi anche il livello qualitativo dei prodotti costruiti in un luogo in cui ci sono conoscenze è migliore che in altri in cui la manodopera è solo un elemento a basso costo da sfruttare al massimo. Dall’altra, i costi delle nazioni low cost sono in alcuni casi già cresciuti a livelli occidentali, vanificando quindi la ricerca della manodopera low cost, mentre in altri casi il valore aggiunto che si riesce a creare in alcuni prodotti rispetto al peso fisico del prodotto stesso, ne sconsigliano la produzione delocalizzata.

In tutto questo un ruolo importante lo può avere, e di sicuro lo avrà, l’industria della macchina utensile e dell’automazione che sta sempre più diffondendo il concetto di produzione non presidiata e di predittività delle attività in fabbrica. Riducendo di fatto l’impatto che la manodopera ha sul prodotto finale.

L’occidente si è difeso in parte dalle nazioni low cost facendo leva sulla conoscenza e sulla automazione di fabbrica. Non senza un prezzo da pagare ovviamente. Perché un prezzo da pagare c’è stato e ci sarà ancora: si chiama marginalizzazione delle figure professionali meno evolute. Una questione che non riguarda solo la parte operaia del mondo del lavoro. Riguarda tutti, indistintamente. Ad ogni livello. Anche chi scrive in questo momento.

Ora la nuova fase industriale che si apre diventa la cartina di tornasole per il nostro futuro. Perché è vero che una parte del mondo occidentale si è impoverita ma è anche vero che il mondo occidentale oggi è più ricco di vent’anni fa. Quindi non è una questione di globalizzazione (o solo di globalizzazione) ma anche di redistribuzione della ricchezza all’interno delle singole comunità nazionali. A proposito di globalizzazione: c’è un dato poco conosciuto ma sicuramente significativo circa le opportunità che la globalizzazione ha offerto: in trent’anni le persone che hanno difficoltà di sostentamento alimentare sono diminuite di un miliardo a livello globale. Forse non tutti i mali, o quelli che a volte sono ritenuti tali, vengono per nuocere.