Industria 4.0, un’arma in più dal made in Italy

by Redazione 0

fimiLa nuova condizione ormai universalmente nota come Industria 4.0 tornerà a rendere conveniente per il Made in Italy riportare la produzione all’interno delle aziende? La domanda non ha avuto una risposta compiuta al Fimi 2015, il Forum sull’Internazionalizzazione del Made in Italy organizzato da Messe Frankfurt giovedì 10 dicembre all’Università “Luigi Bocconi” di Milano.
A fine 2016 sarà pronto l’Osservatorio Smart Factory & Smart People 4.0, una ricerca curata da SDA Bocconi incentrata in particolare sull’interior design. Qualche tentativo di saperne di più però è giunto dalle imprese che già hanno adottato la gestione produttiva delle smart factories, applicando l’Internet degli Oggetti (IoT, “Internet of Things” nel linguaggio internazionale) nei propri processi industriali, riuscendo così a effettuare in modo per ora soddisfacente logistica manutenzione, controllo qualità, oltre a progettazione e rapporti con clienti e fornitori.
L’integrazione tra progettazione, design, simulazione e produzione non potrà che portare vantaggi, assicura Giuliano Busetto, presidente di Anie Automazione e da settembre 2008 è Industry Sector Lead Italy. I vantaggi non si limitano alle grandi aziende, ma sono ampiamente applicabili anche al tessuto tipicamente italiano delle piccole e medie imprese. Processi automatizzati con robot e carrelli radiocomandati consentono risparmi di tempo e denaro, oltre a una maggior efficienza sotto più punti di vista (non ultimo quello ambientale, mai come di questi tempi all’ordine del giorno).
Tutto sta a cambiare mentalità di tanti dirigenti e lavoratori italiani, in tutti i livelli. “Abbiamo problema di consapevolezza”, ha dichiarato Busetto. “Abbiamo condotto un sondaggio presso 700 aziende tra Brescia, Mantova, Verona. Pur essendo per certi versi delle aziende modello, solo il 25% investe in ricerca & sviluppo e più o meno la metà ha chiari i concetti di Industria 4.0”.
L’auspicio è che non si ripetano i tempi di aggiornamento della cosidetta “terza rivoluzione industriale”, quella del microprocessore, superando anche le paure per gli effetti sul lavoro così come i computer più che alla disoccupazione hanno portato alla riconversione delle proprie competenze: chi si ferma è perduto, ma si può anche rimettersi in moto.