Imprese e Industry 4.0, è vera rivoluzione? Il parere di Marco Taisch

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Marco Taisch, professore ordinario di ‘Operations Management’ e di ‘Advanced and Sustainable Manufacturing’ presso il Manufacturing Group della School of Management è impegnato in prima linea sul tema di Industria 4.0 e dell’applicazione dell’IoT al manifatturiero. Anche per questo M&MT, business event dedicato a motion, meccatronica, automazione, embedded electronics, robotica e a tutte le tecnologie riconducibili a Industria 4.0, che ha ricevuto il patrocinio del Politecnico di Milano, lo ha chiamato a presiedere il Comitato Tecnico Scientifico della manifestazione.

Industria 4.0 ovvero la quarta rivoluzione industriale. Quanto c’è di vero in questa definizione o meglio quale è il vero significato di rivoluzione in questo caso?
Uno degli aspetti più rivoluzionari di Industria 4.0 è, anzitutto, l’impatto che ha avuto sulla scena “economica” del Paese. In un tempo brevissimo, questo nuovo approccio è riuscito a riportare la manifattura al centro dell’attenzione delle istituzioni e degli attori economici italiani con un effetto a dir poco dirompente.

In tutto questo ha giocato un ruolo determinante l’azione svolta dal Governo che ha dotato il paese di un piano di politica industriale pensato per sostenere e incrementare gli investimenti in tecnologia e innovazione indispensabili per assicurare il mantenimento della competitività delle imprese.

Per quanto riguarda poi la definizione, alcuni considerano Industria 4.0 una vera e propria rivoluzione, altri, invece, la vedono come un’evoluzione del modo di produrre.
A mio modo di vedere, Industria 4.0 somma all’innovazione tecnologica – che si concretizza nella diffusione delle tecnologie IoT all’interno delle fabbriche – il profondo cambiamento organizzativo. Come dire, la vera rivoluzione è più che altro culturale: cambiano i processi, le mansioni, i profili professionali e dunque le competenze richieste.

Ecco quindi il valore della formazione…
Certamente. La formazione è un asset fondamentale, da sempre e l’Italia ha ottime università. Il Politecnico di Milano, di cui mi onoro di far parte, ne è un fulgido esempio ma ve ne sono altre altrettanto valide, capaci cioè di formare giovani in grado di inserirsi nel mercato del lavoro ed essere vere e proprie risorse per le imprese. Ma la formazione tecnologica non la fanno solo i Politecnici e le università. E’ importante che anche gli istituti tecnici lavorino sui
programmi in modo che possano essere il più possibile aderenti alle esigenze del mondo dell’industria che con la digitalizzazione ha messo il turbo allo sviluppo.

Torniamo alle tecnologie e all’impatto di Industria 4.0 sull’industria italiana.
L’Italia è il secondo paese manifatturiero d’Europa e il mantenimento di questa posizione e, perché no, il miglioramento, non può passare soltanto attraverso una generica innovazione tradizionale ma, al contrario, deve prevedere anche un processo di digitalizzazione delle industrie. L’obiettivo è favorire e sostenere la diffusione della connettività delle imprese. Questo in pratica significa: realizzazione di prodotti intelligenti, quelli che vengono definiti
smart product, produzione di prodotti e servizi con supporto tecnologie informative ovvero smart manufacturing, creazione di nuovi modelli di business. Un programma intenso ma assolutamente sostenibile dalle imprese italiane a patto che nell’approccio al tema siano considerate le nostre specificità.

Possiamo spiegare meglio?
Il manifatturiero italiano è riconosciuto nel mondo per la qualità e la forte personalizzazione dell’offerta. Al contrario, nel modello tedesco manca tutta la parte che caratterizza il Made in Italy e che noi abbiamo il dovere di valorizzare.
Come paese possiamo puntare ad un manifatturiero digitalizzato per un design avanzato ove resti centrale la persona, che deve essere adeguatamente formata e aggiornata. Su questo dobbiamo lavorare. D’altra parte, in alcuni settori, penso ad esempio a quello dei macchinari e dei sistemi di produzione, c’è già molta tecnologia innovativa riconducibile almeno in parte a Industria 4.0. La sfida è quella di incrementare la dimensione di connettività per esempio dei macchinari in modo che possano sempre più raccogliere, trattare elaborare e permetterne la condivisione anche a distanza.

Le imprese possono farcela da sole?
Partendo dal presupposto che il livello di innovazione non è omogeneo, è ragionevole ipotizzare che per alcune sia necessario un affiancamento. In questo università, associazioni di categoria, istituzioni anche su base territoriale si sono già attivate per fare “informazione” nel senso più ampio del termine. Particolare attenzione è riservata al mondo delle PMI.

Nel concreto quali possono essere le occasioni che le PMI hanno per informarsi?
In una situazione di overload di comunicazione, può diventare difficile orientarsi, inutile negarlo. Direi però che sono numerose le occasioni per dibattere in modo sensato e verificare da vicino le possibili applicazioni del nuovo approccio di Industria 4.0 anche alla nostra industria. Affidarsi a interlocutori accreditati semplifica notevolmente il processo di scelta. Anche perché, appunto, oggi tutti si dicono esperti della materia.

Le occasioni per informarsi? Incontri, reperimento di documentazione ragionata, studi ad hoc, ma anche eventi dimostrativi, che per essere efficaci, ancora una volta lo sottolineo, devono essere calati nel contesto e dunque studiati secondo le esigenze delle imprese.

Parlando di studi ad hoc, professore, fa parte del Manufacturing Group della School of Management del Politecnico di Milano. Può illustrarci i temi su cui siete attualmente impegnati e come lavorate?
Il Manufacturing group è un gruppo di lavoro composto da circa 40 persone che si occupa di analizzare i temi relativi alla progettazione e gestione dei sistemi manifatturieri e delle operations con un focus particolare su sostenibilità e efficienza energetica nel manifatturiero e nei servizi industriali, product e asset life cycle management.

Tra gli eventi dimostrativi possiamo considerare le fiere o sono una mera operazione commerciale?
Sia chiaro: le esposizioni fieristiche sono anzitutto eventi per fare business, eventi di cui le aziende hanno grande bisogno. Ma se organizzate con criterio e da operatori titolati, gli eventi espositivi sono a tutti gli effetti occasione di aggiornamento, comprensione, approfondimento di quelle tematiche che ancora sono poco conosciute. In Italia abbiamo tante fiere valide anche in materia di Industria 4.0. Tra queste a mio avviso c’è M&MT la cui filosofia è certamente innovativa poiché somma alla dimensione del business quella dell’approfondimento tematico ragionato.
Questo concept, che la differenzia rispetto ad altri eventi in programma nel 2017, mi ha convinto ad accettare l’incarico di guida del Comitato Tecnico Scientifico che darà indirizzi preziosi per la definizione degli eventi collaterali pensati per arricchire di contenuto la manifestazione che si rivolge sia a chi, in fabbrica, lavora, progetta e costruisce, i profili tecnici dunque, sia a chi la fabbrica la gestisce: l’imprenditore o il management.

Un’ultima domanda quali sono le sue aspettative?
Sono molto fiducioso anche perché vedo un lavoro corale di istituzioni, associazioni, mondo della ricerca… Ora la palla passa alle aziende. Il Piano Industria 4.0 è un’ottima opportunità per le imprese che sapranno coglierla, capendo che non basta acquistare tecnologia ma occorre lavorare sulle competenze.